sabato 29 maggio 2010

Il velo di Maya

Cialtroni di tutta Livorno, scusatevi. Parafrasando Marx è questo l’appello che mi sento di fare a tutti quei personaggi illustri e oscuri, medici, politici, primari, che in questi anni, fino a ieri e addirittura ad oggi, hanno strumentalmente gridato che opporsi all’Ospedale a Montenero significava opporsi alla costruzione di un Nuovo Ospedale ovunque, significava perdere i finanziamenti, significava attendere altri 20 anni per avere una nuova struttura. La smentita fragorosa e clamorosa è arrivata direttamente dal Presidente della Regione Enrico Rossi che ha detto a chiare lettere “Se il referendum deciderà per un'altra ubicazione, slitteranno un po' i tempi, ma l'ospedale si farà comunque. Basta che l'ospedale sia in una posizione strategica, facilmente raggiungibile”, evidentemente sperando nel successo del referendum perché anche lui si è accorto che una ambulanza dal Porto a Montenero ci potrebbe mettere anche più di mezz’ora. Una frase inequivocabile che tronca ogni futura strumentalizzazione di pretoriani con pochi argomenti che chiacchierano più per partito preso che per reale convinzione.

- Edoardo Marchetti

venerdì 28 maggio 2010

Un Assessore Europeo?


Speriamo che duri. L’augurio per il nuovo corso di politica della mobilità inaugurato in queste ultime settimane dall’assessore Bettini fa ben sperare per una Livorno un po’ più moderna ed Europea almeno per quanto riguarda la viabilità. L’attenzione alla mobilità ciclabile, la pedonalizzazione prevista per Piazza San Jacopo sono un barlume di speranza in un panorama di stasi che ha caratterizzato questi anni di mobilità cittadina. Controtendenza e importantissima è infine l’affermazione di non voler procedere alla creazione di ulteriori parcheggi: un cambiamento culturale notevole nei livornesi che a quel punto si troverebbero costretti ad optare per un altro tipo di trasporto, sia esso la bicicletta o il mezzo pubblico, attualmente troppo e sposti alla concorrenza della comoda auto e del comodo parcheggio a meno di 50 metri dalla nostra destinazione. Per poter cambiare definitivamente rotta nella gestione del traffico è però necessario che l’Assessore allarghi l’orizzonte e inserisca questi provvedimenti lodevoli ma puntiformi, nell’ottica di un complessivo piano di riassetto della mobilità pubblica e privata. Non solo dunque Piste Ciclabili, ma anche aree di sosta e parcheggi per questi mezzi, interconnessioni tra bici e autobus, e un riassetto e razionalizzazione delle linee, andando ad agire con interventi strutturali laddove il mezzo pubblico presenta irregolarità di percorrenza. Una volta che il piano di intervento complessivo è chiaro allora il mio consiglio è quello di proced ere per Concorsi di idee su singole realtà, su singole costruzioni o su singole razionalizzazioni degli spazi pubblici. Con quest’ultimo aspetto garantiremo la partecipazione dei cittadini, dei professionisti e della qualità indispensabile ad una città che ambisce a qualcosa di meglio che la normale amministrazione. Assessore Bettini le auguro un buon lavoro e una buona resistenza agli ostacoli che inevitabilmente le saranno posti sulla sua strada.

- Edoardo Marchetti

giovedì 27 maggio 2010

Effetto PD


La sinistra o ciò che si richiama ai suoi valori, esce dalle recenti elezioni con le ossa rotte, salvo alcune roccaforti, e continua ad interrogarsi sulle cause del suo insuccesso senza riuscire a venirne a capo. In passato si è parlato di “effetto Guazzaloca” quando l'intera sinistra subì lo shock della perdita di Bologna, ma da allora non si sono fatti molti passi avanti e anziché proporre un proprio sistema di valori e ideali si è preferito inseguire logiche e pratiche tipiche di questa destra populista e siamo giunti ad un vuoto tale di valori che la dialettica interna al Partito Democratico, vista da fuori, pare più uno scontro di fazioni, ex contro ex, scomuniche reciproche, vecchi contro giovani, un eterno dualismo che distrugge un partito che nel bene o nel male è incredibilmente il primo partito di quelle forze che si oppongono alla destra. Ma cosa si è imparato dalla supponenza che ha portato Guazzaloca a Bologna? Niente a quanto pare, basti pensare allo “effetto Mantova” recente scottatura dovuta a diatribe interne. E se dopo questi effetti deleteri grandi e piccoli vi fosse un “effetto Livorno”. Certo, improbabile, ma pensiamo alle “coltellate” più o meno evidenti che si sono susseguite nel tempo addirittura a mezzo stampa, Ruggeri che scarica i non allineati eppoi viene accusato di avventatezza per il suo appoggio alla soluzione Mariottiana di Torre Ospedaliera addirittura dal tandem Cosimi-Picchi; e quest'ultimo che viene proposto a rappresentare la linea politica del partito in luogo del malvisto Di Rocca... Scontri generazionali, promeatur ut amoveatur per Ruggeri che forse non si confaceva più alla politica di governo livornese, superato in preferenze addirittura da Piombino che ha metà dei nostri abitanti; naftalina per Di Rocca che, pur avendolo incontrato solo una volta, mi sembra possa rappresentare qualcosa di nuovo un rinnovamento qualunque rispetto a Picchi che ricorderemo per Piazza del Luogo Pio e per il Nuovo Centro e chissà quante altre esimie opere. Che accade? Dove volete andare? E dove volete farci arrivare? E' davvero così difficile riconoscere la fine di una spinta propositiva (ammesso che ci sia mai stata)? Perché trattare i cittadini da nemici quando obiettano sul vostro operato, salvo poi ricordarsi di essere di sinistra e aprire ampi dialoghi postumi? Cosa vi fa essere così ostili al prossimo, così timorosi, così impegnati a difendere il vostro fortino? Fare politica a Livorno è più semplice che altrove, si parte da un bacino elettorale che vota per tradizione e sempre dalla stessa parte: e allora perché non provare a fare qualcosa totalmente diverso dalla normale amministrazione? Pensare in Grande per me significa immaginare una città diversa dallo scolmatore fino al Boccale e francamente non solamente alle piastrelle dei portici. Se non avete più voglia, se fate questo mestiere senza passione, senza idee, senza amore per la vostra città, perché non vi ritirate? Potrei fare una lista di gente, vecchi e giovani che darebbero il loro cuore per vedere questa città con un anima più marcata, meno malinconica, più di sinistra, più sociale. Partite da una città in cui è facile far politica ed estendete il metodo al di fuori, là dove si può vincere o perdere, fate qualcosa per ritrovare una identità qualunque: dite e fate qualcosa di sinistra. Non alimentate quello che ormai potremmo chiamare “effetto PD”. Ora mi risponderete con un elenco di numeri di cose fatte?...come Berlusconi e i suoi pretoriani?


- Edoardo Marchetti

mercoledì 26 maggio 2010

Ode al barattolo


La storia dell’uomo è fatta soprattutto da una continua sequenza di eventi importanti, catalizzatori di passaggi storici, culturali e talvolta epocali. Ma, se la ricognizione e la catalogazione di questi eventi è compito di grandi studiosi e storici di professione, il vissuto quotidiano, fatto di piccoli gesti e abitudini, è costellato da cambiamenti grandi e piccoli che incidono sulla vita di ognuno di noi. Io mangio fagioli in scatola. Anche se propriamente si dovrebbe dire in barattolo, ebben io sono un consumatore pigro di legumi di ogni genere preconfezionati nei familiari barattoli di latta che ripongo in dispensa e che scelgo e riconosco semplicemente al tatto.

Questo oggetto di uso personale, questo contenitore semplice e in sè privo di interesse ha segnato quasi un secolo di cultura in maniera più o meno evidente, come apologia, come veicolo di messaggi o come contorno di scene memorabili. Il barattolo, il prodotto in scatola, è stato una grande rivoluzione del ‘900 che ha permesso una migliore conservazione di prodotti, una standardizzazione dei confezionamenti, un miglioramento della qualità della vita, ed è diventato in alcuni casi talmente evidente ed emergente come entità in sè da essere usato per inscatolare la “Merda di Artista” di Manzoni, o come modello per le famose zuppe Campbell’s di Andy Warhol. Un prodotto Pop-Art che travalica dalla sua funzione e che lo ritroviamo in maniera meno artistica ma senza dubbio efficace nei numerosissimi film di serie A o spesso di serie B.

(by wallyg)

Questo simbolo è morto. Mi è morto qualche giorno fa in dispensa, quando come di consueto sono andato ad allungare la mano al buio in cerca di quell’oggetto metallico cilindrico freddo e rugoso ricoperto di carta leggera e liscia. Non c’era più: ho dovuto accendere la luce per capire che ciò che stavo toccando non era il latte UHT messo nel posto sbagliato, ma erano i miei amati fagioli messi nel contenitore sbagliato, un tetrapak, sicuramente più ecologico, sicuro, e meglio impacchettabile, ma sicuramente meno romantico, meno storico, meno epico di quel simbolo di un Novecento che si è chiuso anche in questo angolo di quotidianità.

- Edoardo Marchetti